domenica 15 marzo 2015

L'Università...


Dieci anni fa, il 15 marzo 2005, mi laureavo.
Ero immensamente emozionato. La tesi della mia laurea verteva sulle distrofie muscolari come ho anticipato in Quel gioco da ragazzi. Tuttavia era un'emozione mista di connotati contrastanti. Belli e paurosi allo stesso tempo. E in quanto tali, sublimi.

La distrofia muscolare è la malattia che condizionò psicologicamente il mio primo test universitario. La sclerosi multipla cinque anni dopo condizionò l'ultimo. E non solo psicologicamente. Ma andiamo per ordine.
Quel difetto genetico muscolare impietoso aveva colpito due miei nipotini. Era il 1999 l'anno di nascita del secondo nipotino. Era il 1999 l'anno in cui a casa venimmo informati della malattia di entrambi i nipotini. Era il 1999 l'anno in cui tentavo un test a medicina veterinaria e contemporaneamente studiavo sodo per entrare a fisioterapia.

Su circa circa 350 iscritti al test di ammissione a veterinaria, mi classificai 73° su 75 posti a disposizione. Su circa 900 iscritti a fisioterapia mi classificai 129° se la memoria non mi inganna. Ma i posti a disposizione erano 30.

Avevo cominciato ad interessarmi alla fisioterapia dopo che mi ero operato a un legamento crociato a 16 anni. Tre anni dopo però, in quel frangente che stravolse tutti in famiglia per la nuova sfida che il destino ci aveva affidato, mi pareva potesse essere un'attività che avrebbe potuto portar beneficio anche ai miei nipoti, a tempo debito.
Cosa assurda, col senno di poi. Ma in quei momenti (in questi momenti) della vita in ci si aggrappa a qualsiasi speranza pur di conservare, l'insensatezza più totale delle cose, una parvenza di motivazione.

Aver passato il test a veterinaria mi sconvolse, Avevo fatto il test per una promessa che avevo fatto a me stesso qualche anno prima (a 19 anni...forse un decennio prima). Volevo forse solo testare se ero portato a farlo come avevo desiderato spesso negli anni. E mi dicevo: "Son certo di non passarlo...ma almeno non mi tengo il dubbio per il resto della vita se non lo faccio". E non ero per nulla sereno facendolo. In quel mentre mi dicevo: "Era meglio se mi tenevo il dubbio. Se non lo passo sarà una sconfitta conclamata per essermi illuso di esser portato per questo lavoro. Ma se lo passo io non resisto 5 e più anni sui per un pezzo di carta!"
Mi ero convinto dall'esperienza liceale infatti che, al di là dei desideri infantili, non ero portato per lunghi studi universitari. Motivo per cui mai pensai a studiare medicina umana.
Fatto è che l'accaduto di quel 1999 mi segnò profondamente nelle scelte. Volevo far qualcosa che tornasse utile alla causa dei miei nipoti.

Passare il test di veterinaria mi sconvolse. Come potevo concentrarmi sulla salute e malattia degli animali...io che ero da poco zio di due creature che avrebbero avuto bisogno di lì a poco di seri aiuti e contributi?

Indagai un attimo prima di iscrivermi definitivamente. Veterinaria dai programmi universitari offriva ampi sbocchi in campi di ricerca biomedica. I modelli animali erano importanti nello studio di queste malattie. E potevo comunque fare gli esami del primo anno e vedermi abbonati molti esami a fisioterapia se avessi voluto ritentarlo l'anno dopo.

Passai un primo anno universitario alla grande. Con immensi sacrifici per la frequenza obbligatoria 5 giorni a settimana dalle 8.15 di mattina alle 19 di sera. Impiegando quasi due ore di mezzi pubblici per raggiungere la facoltà, Significava sveglia alle 5.45 e ritorno alle 21. Uscivo di casa col buio e ritornavo che era buio.
Eppure passai tutti gli esami con una media superiore al 26. Una cosa inimmaginabile fino all'anno prima. Ma lo studio approfondito della biologia, della genetica, dell'anatomia, della biochimica...fu un colpo di fulmine pazzesco.

Poi le cose cominciarono ad andare inclinarsi. Studiare la microbiologia veterinaria, fu una svolta critica. Qualcosa cominciava a non tornare sul senso profondo delle malattie su cui avevo cominciato ad indagare, fin dal primo anno, lungo binari personali, guidato dal pensiero sui miei nipoti.

Fu al secondo anno di Univeristà che a fianco dei libri di medicina aperti sulla scrivania, cominciò a trovarsi affiancato un testo che con la medicina non sembrava avere molto a che fare. Eppure.

Mi tornò in quell'anno in mente una storiella che sentii raccontare a una cena un chirurgo, un pò brillo. Io avrò avuto circa 10 anni. L'avevo ascoltata con estremo interesse, mi impressionò per come fu raccontata, ma l'avevo sepolta nei ricordi. E mi tornò alla mente proprio studiando microbiologia, al secondo anno.

La storiella dice così.

'' Nelle caverne un dì, tre uomini erano davanti al fuoco. Uno di loro disse: 'Visto che c'è tanto bisogno, d'ora in poi provo a curare le malattie del corpo'. Bene dissero gli altri due. E nacque il primo medico. Un secondo disse: 'Visto che c'è tanto bisogno, io allora curerò le malattie dello spirito'. E nacque il primo prete. Il terzo perplesso, non sapendo cosa proporsi disse:'E io? Come posso essere utile?'. 'Tu devi sentirti ammalato!' esclamarono i primi due. ,,
Quel libro al centro della scrivania tra tanti libri aperti di medicina era la Bibbia...




Work in progress




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